Nel 2009 ho partecipato al concorso "Granelli di Parole" indetto dalla Casa Editrice Kimerik e il mio racconto breve, Prigioniero di un altro fu selezionato e inserito nell'Antologia del concorso, dal titolo "Racconti di autori italiani" 2010.
Di seguito, vi posto la prima parte del racconto.
“La torcia,
oddio la torcia! Non posso averla dimenticata, dannazione!”.
Lorenzo frugò
nelle tasche del giubbotto con un certo nervosismo, non volendo neppure
immaginare di aver dimenticato la cosa più importante in quella notte senza
luna.
Ma, un istante
dopo, un rigonfiamento nella tasca sinistra fece tirare un sospiro di sollievo
al ragazzo che, subito, afferrò la torcia e, con un misto di ansia e timore, si
decise a percorrere il vialetto lastricato che dal marciapiede conduceva ad una
vecchia villetta abbandonata all'estrema periferia della città.
Quella villetta,
dall'intonaco verde acqua, con i balconi di marmo, circondata da un parco dove,
ormai, le piante crescevano selvagge, aveva sempre attirato lo sguardo di
Lorenzo e popolato i suoi sogni e i suoi incubi.
Lorenzo,
da quando riusciva a ricordare, era sempre stato ossessionato da quella
villetta e, da bambino, aveva trascorso interi pomeriggi, nascosto dietro i
cespugli, a fissare quelle finestre, quei balconi così severi e neanche troppo
belli, quella facciata verde acqua e a chiedersi come mai quell'edificio
attirasse così tanto la sua attenzione da sognarlo anche di notte.
Quante
volte il ragazzo si era svegliato di soprassalto la notte dopo aver sognato di
trovarsi dinnanzi a quella villetta e di non essere più capace di muoversi,
tanto era il fascino pericoloso emanato da quella costruzione, quante volte aveva
urlato nel cuore della notte per aver visto, in sogno, la villetta bruciare e
aver desiderato di gettarsi nel fuoco per non abbandonare quei muri ma seguirli
anche nella fine, quante volte, tornando da scuola, aveva rallentato il passo
dinnanzi al cancello della villa e aveva spiato oltre la siepe, tormentato dal
desiderio di vedere, di osservare, di carpire ogni segreto di quell'edificio.
Gli
anni trascorrevano, Lorenzo cresceva ma l’ossessione per quella villetta, che
neanche lui era mai riuscito a spiegarsi, non accennava a diminuire e il
giovane ormai conosceva a memoria ogni cosa riguardo quell'abitazione, compresi
gli inquilini che si erano avvicendati negli anni.
L’ultimo
era stato un vecchietto che, nonostante dovesse essere ricco per poter
permettersi una simile dimora, trascorreva tutto il giorno in solitudine nel
parco della villa a curare le piante e mai era stata data una festa in quella
sontuosa abitazione da quando l'anziano signore ne aveva preso possesso.
Chi avesse abitato
in quella villa negli anni a venire, era cosa sconosciuta a Lorenzo: il ragazzo
era andato a studiare fuori città e si era ripromesso di non rivolgere più il
pensiero a quella dimora che aveva cominciato ad inquietarlo non poco,
calamitando il suo sguardo e i suoi pensieri nel corso del tempo.
Ma, ora, in
quella fredda sera di novembre, mentre spirava un venticello freddo e piccole
gocce d’acqua già calavano sulla città, Lorenzo non aveva più saputo resistere
e si era finalmente deciso ad affrontare il “mistero” di quella villetta che
non vedeva da più di un anno, ormai.
E ora che il
giovane camminava, con circospezione, lungo il vialetto che conduceva alla
villa, si rendeva sempre più conto che era come se qualcosa volesse attirarlo
all'interno di quella dimora e che per lui non era possibile distogliere lo
sguardo da quei muri, da quelle colonne dinnanzi al portone, da quei balconi.
Respirando
profondamente, Lorenzo si avvicinò al portone ormai sfondato e, così da vicino,
si rese conto che ormai la villa versava in uno stato di abbandono totale; con
attenzione e cercando di illuminare il cammino con la torcia, il giovane salì i
pericolanti scalini che conducevano al portone e, senza più esitare, varcò la
soglia facendosi strada tra mille detriti.
La debole luce
della torcia, vinta ad una lotteria, a fatica permetteva a Lorenzo di vedere
dove metteva i piedi; il ragazzo, dopo aver dato una sommaria occhiata a quello
che, una volta, doveva essere l’ingresso (e ora ingombro di detriti, sedie
rovesciate a terra, polvere ovunque, vecchi candelabri e soprammobili in pezzi), svoltò a destra e si ritrovò in
una camera non molto grande ma che sembrava essere stata finemente arredata.
Prima che
Lorenzo potesse dirigere la torcia in ogni angolo per ispezionare meglio il
posto dove si trovava, un camion passò accanto alla villa, nella strada di
fronte, e, il fascio di luce dei fanali, illuminò, per un istante, a giorno la
stanza e al giovane, inorridito, apparve davanti agli occhi, accanto
all’armadio, la sagoma di un oggetto (dalla sagoma inconfondibile) che non
poteva essere altro che una lapide; e su di essa sembrava scritto un nome con
caratteri gotici e di colore rosso sangue, il nome di un ragazzo: Luigi.
E, non appena
Lorenzo, scosso, puntò la torcia in ogni angolo della stanza per rendersi conto
di dove si trovasse, vide che quella era stata proprio la camera da letto di un
ragazzo: tra i detriti e la polvere si scorgevano ancora vecchi poster che
penzolavano ormai dai muri, un pallone solitario e sgonfio, vecchie
automobiline da collezione su una mensola corrosa dai tarli e una cornice a
terra con una foto, ormai sbiadita, di un giovane che sorrideva in tenuta da
calcio.
Lorenzo, che
cominciava a sentire qualche brivido, si decise a puntare la torcia nell’angolo
in cui, poco prima, aveva scorto la lapide e, con grande sgomento e sorpresa,
vide che, in realtà, non vi era nessuna lapide.
Il giovane, a
quella scoperta, non sapeva se sentirsi
sollevato oppure angosciato e la risposta a questo dilemma gli venne poco dopo
quando cominciò a sentire sinistre voci e sadiche risate turbinare tutt’intorno
a sé e la paura lo assalì con la sua gelida morsa.
Lorenzo girò sul
rotondo più volte nel tentativo di individuare il punto esatto da dove
provenivano quelle sadiche e infernali risate ma tutto fu inutile perché le
voci e le risate sembravano riecheggiare ovunque.
Poi, a
paralizzare del tutto il ragazzo nel cuore della notte in quella villa
abbandonata, giunse, come un’eco lontano, una lugubre cantilena cantata da una
voce di ragazzo: “Di nuovo nel mondo…Ma non con il mio corpo”.
Questa lugubre e
misteriosa cantilena sembrava venire da lontano, da un punto imprecisato e,
sebbene debole e distante, provocò, per le sue parole sibilline, un’angoscia
terribile in Lorenzo che, seduta stante, decise di allontanarsi da quella
stanza; prima di uscire dalla villetta, però, vinto dalla curiosità, il giovane
fece un rapido giro delle altre stanze del pianterreno e, con sgomento, vide
che, nonostante il disordine, i detriti e la polvere, tuttavia la villa
sembrava essere stata abbandonata da poco e all'improvviso, come se i
proprietari fossero svaniti nel nulla.
Tutti gli
elettrodomestici, i divani, i televisori, tutto c’era ancora e il giovane notò,
persino, sul tavolo della cucina, una scatola di caffè e una bottiglia d’acqua.
Perplesso e
ancora turbato dalle enigmatiche parole della cantilena, il giovane, alle prime
luci dell’alba, uscì di fretta dalla villa e, una volta arrivato nel vialetto,
si scrollò di dosso la polvere e con essa immaginò di scrollare via da sé anche
quella sinistra esperienza.
Frastornato e
confuso, Lorenzo uscì dal parco della villa chiudendosi dietro il pesante
cancello, che gli ubbidì a fatica con sinistri cigolii, e, prima di mettere
piede sul marciapiede, il giovane rimase ancora qualche istante immobile con la
mano aggrappata alle inferriate ormai coperte di ruggine.
Tutto ad un
tratto sentì avvicinarsi di corsa, un gruppetto di persone alle prese con il
primo jogging mattutino, tre ragazzi e due ragazze che, non appena passarono
accanto a lui, dopo averlo squadrato con occhi attoniti, gli dissero in coro:
“Ciao Luigi, ma sei qui?”.
Lorenzo non ebbe
neppure il tempo di reagire che subito i giovani, ancora più confusi,
mormorarono tra loro “Ah, no! E’ un altro ragazzo!” e continuarono la loro
corsa."......
© Flavia Cantini
In bocca al lupo per tutti i tuoi progetti!
RispondiEliminagrazie!
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